giovedì 3 novembre 2011

i Luoghi e l'Ethos del Tao


L’ETHOS BALINESE
Quali sono realmente le motivazioni e i valori che accompagnano le ricche e complesse attività culturali dei balinesi? Che cosa, se non sono le interrelazioni competitive o comunque cumulative, che cosa muove i bali­nesi ad attuare gli elaborati schemi della loro vita?
1. È subito evidente a chiunque visiti Bali che la forza motrice dell’attività culturale non è né l’avidità né il cru­do bisogno fisiologico. I balinesi, specie nelle pianure, non sono affamati o poveri: sprecano il cibo e una parte assai notevole della loro attività è dedicata a opere affatto im­produttive, di natura estetica o rituale, in cui profondono cibo e ricchezze. In sostanza si ha a che fare con un’econo­mia dell’abbondanza più che con un’economia della pe­nuria. Alcuni, in realtà, sono considerati ‘poveri’ dai compagni, ma nessuno di questi poveri rischia di morir di fame, e l’idea che nelle grandi città occidentali certe persone possano proprio morir di fame procurava ai ba­linesi un indicibile turbamento.
2. Quanto alle transazioni economiche, i balinesi mo­strano grande prudenza nei piccoli affari. Essi lesinano il centesimo. D’altra parte, di quando in quando, contravvengono a questa prudenza profondendo grandi somme di danaro in cerimonie e in altre forme di prodigalità. Sono pochissimi i balinesi che aspirano ad aumentare continuamente le loro ricchezze o i loro beni; e costoro un po’ riescono sgradevoli e un po’ sono considerati stram­bi. La grande maggioranza lesina il centesimo in una prospettiva temporale limitata e con limitate aspirazioni; essi risparmiano finché ne hanno abbastanza da profon­dere in qualche cerimonia. Non si dovrebbe descrivere l’economia balinese in termini di un tentativo degli indi­vidui di aumentare al massimo il loro capitale, ma si do­vrebbe piuttosto paragonarla alle oscillazioni di rilassa­mento in fisiologia e in ingegneria, riconoscendo non solo che quest’analogia descrive le loro sequenze di transazioni, ma che essi stessi concepiscono queste sequenze come na­turalmente dotate di una struttura di questo tipo.
3. I balinesi dipendono molto dall’orientazione spazia­le; per essere in grado di agire, devono conoscere la posi­zione dei punti cardinali, e se un balinese è trasportato in macchina per strade tortuose sì da perdere il senso del­la direzione, può restare gravemente disorientato e non essere capace di agire (così ad esempio un danzatore può non esser più capace di danzare), finché non abbia nacqui-stato il senso di orientamento scorgendo qualche punto di riferimento importante, come la montagna che sorge al centro dell’isola e intorno alla quale sono strutturati i punti cardinali. Vi è anche un’analoga dipendenza dal­l’orientazione sociale, ma con questa differenza: che men­tre l’orientazione spaziale giace su un piano orizzontale, quella sociale è, per lo più, concepita verticalmente. Quan­do due sconosciuti s’incontrano, è necessario, prima di poter conversare con un minimo di libertà, che si dichia­rino le loro posizioni di casta. L’uno chiede all’altro: « Do­ve siedi? », che è una metafora per stabilire la casta; la domanda in sostanza è: Siedi in alto o in basso? ». Conosciuta la casta dell’altro, ognuno saprà quale etichet­ta e quali forme linguistiche deve adottare, e la conver­sazione potrà svolgersi. Senza tale orientazione, un bali­nese ha la lingua paralizzata.
4. Si scopre sovente che l’attività (eccetto quel lesinare il centesimo ricordato sopra), piuttosto che essere finaliz­zata, cioè diretta verso qualche scopo futuro, è apprezzata di per sé. L’artista, il danzatore, il musicista e il prete a volte ricevono un compenso pecuniario per la loro attività professionale, ma solo raramente questo compenso è suf­ficiente a ripagare anche solo il tempo e i materiali impie­gati dall’artista. Il compenso è un segno di apprezzamen­to, è una definizione del contesto in cui recita la compa­gnia teatrale, ma non è il suo sostegno economico. I gua­dagni della compagnia sono ad esempio messi da parte per comperare nuovi costumi, ma, al momento dell’acqui­sto, per mettere insieme la somma necessaria ogni membro deve di solito contribuire notevolmente al fondo comune. Analogamente, per quanto concerne le offerte che ven­gono portate al tempio in ogni festa non c’è alcun fine in questo enorme dispendio di lavoro artistico e di ricchezze materiali: il dio non concederà alcuna grazia per la bella ghirlanda di fiori e frutti che il fedele ha intrecciato per la ricorrenza annuale nel suo tempio, né si vendicherà delle omissioni. In luogo di uno scopo futuro, vi è una soddisfazione immediata e immanente nel compiere armo­niosamente e con grazia, insieme con tutti gli altri, ciò che è giusto compiere in ogni contesto particolare.
5. In genere è evidente la soddisfazione provata nell’ese­guire le cose alacremente e con gran concorso d’altra gen­te. D’altra parte l’essere espulsi dal gruppo è una tale sventura, che la minaccia di questa espulsione è una delle sanzioni più gravi nell’ambito della cultura.
6. È molto interessante notare che molte azioni balinesi sono articolatamente giustificabili in termini sociologici piuttosto che in termini di fini o valori individuali.
Ciò è particolarmente evidente in relazione a tutte le azioni connesse con il consiglio del villaggio, la gerarchia che comprende tutti i cittadini di pieno diritto. Questo organismo, nei suoi aspetti secolari, è chiamato I Desa (let­teralmente “Signor Villaggio”), e numerose regole e pro­cedure vengono razionalizzate con riferimento a questo personaggio astratto. Analogamente, nei suoi aspetti sacri, il villaggio è deificato come Betara Desa (Dio Villaggio), e gli vengono eretti santuari e portate offerte. (Possiamo immaginare che un’analisi alla Durkheim appanirebbe ai balinesi una procedura ovvia e appropriata per compren­dere gran parte della loro cultura pubblica).

In particolare, tutte le transazioni monetanie che ri­guardano la tesoreria del villaggio sono rette dalla propo­sizione generale: “Il villaggio non perde” (Desanne sing dadi potjol). Questa proposizione generale vale, per esem­pio, in tutti i casi in cui viene venduto un capo della mandria del villaggio: il villaggio non può in alcun caso accettare un prezzo inferiore a quello che, effettivamente o nominalmente, aveva pagato. (È importante osservare che la regola assume una forma che, fissa un limite infe­riore, e non è un imperativo a massimizzare il tesoro del villaggio).
Una singolare coscienza della natura dei processi sociali traspare da episodi come questo: un uomo povero era in procinto di affrontare uno degli importanti e costosi rites de passage che s’impongono quando una persona si avvi­cina al vertice della gerarchia consiliare. Chiedemmo che cosa sarebbe successo se si fosse rifiutato di fare questa spesa, e la prima risposta fu che, se fosse stato troppo povero, I Desa gli avrebbe prestato il denaro. 













Omaggio al doppio Tao


"Certo, avrebbe potuto farlo dopo, in qualsiasi momento, ma l'ordine, come pure si dice del cane, è il miglior amico dell'uomo, anche se, come il cane, ogni tanto morde. Avere un posto per ogni cosa e avere ogni cosa al suo posto è sempre stata una regola d'oro nella famiglie perbene, come pure si è ampiamente dimostrato che eseguire in buon ordine quel che si deve è sempre stata la più solida polizza assicurativa contro i fantasmi del caos."


José de Sousa Saramago (Azinhaga, 16 novembre 1922 – Tías, 18 giugno 2010)
Campo das Cebolas, Lisboa

 L'uomo che è appena entrato nel negozio per noleggiare una videocassetta ha nella sua carta d'identità un nome tutt'altro che comune, di un sapore classico che il tempo ha reso stantio, niente di meno che Tertuliano Máximo Afonso. Il Máximo e l'Afonso, di applicazione più corrente, riesce ancora ad ammetterli, a seconda, però, della disposizione di spirito in cui si trovi, ma il Tertuliano gli pesa come un macigno fin dal primo giorno in cui ha capito che l'infausto nome si prestava a essere pronunciato con un ironia che poteva essere offensiva. È professore di Storia in una scuola media, e la videocassetta gli era stata suggerita da un collega di lavoro che tuttavia non si era dimenticato di preavvisare, Non che si tratti di un capolavoro del cinema, ma potrà intrattenerla per un'ora e mezza. In verità, Tertuliano Máiximo Afonso ha un gran bisogno di stimoli che lo distraggano, vive da solo e si annoia, o, per dirla con la precisione clinica che l'attualità richiede, si è arreso alla temporale debolezza d'animo comunemente nota come depressione. Per avere un'idea chiara del suo caso, basti dire che è stato sposato e non si ricorda di cosa lo abbia portato al matrimonio, ha divorziato e ora non vuole neanche ricordarsi dei motivi per cui si è separato. In compenso, da questa mal riuscita unione non sono nati figli che ora sarebbero li a pretendere gratis il mondo su un vassoio d'argento, ma la dolce Storia, la seria ed educativa cattedra di Storia al cui insegnamento lo hanno chiamato e che potrebbe essere il suo cullante rifugio, la vede ormai da lungo tempo come una fatica senza senso e un inizio senza fine. Per dei temperamenti nostalgici, generalmente fragili, poco flessibili, vivere da soli è un castigo durissimo, ma una tale situazione, bisogna riconoscerlo, ancorché penosa, solo di tanto in tanto sfocia in un dramma convulso, di quelli che ti fanno accapponare la pelle e rizzare i capelli. Ciò che per lo più si vede, al punto di non suscitare ormai sorpresa, è gente che subisce con pazienza il pignolo scrutinio della solitudine, come è avvenuto in passato recente a esempi pubblici, benché non particolarmente notori, e persino, in due casi, dal felice epilogo, quel pittore di ritratti di cui non siamo mai giunti a conoscere altro che l'iniziale del nome, quel medico generico che tornò dall'esilio per morire fra le braccia dell'amata patria, quel revisore di bozze che esautorò una verità per impiantare al suo posto una menzogna, quell'impiegato subalterno dell'anagrafe che faceva sparire certificati di morte, e che rientravano tutti, per casualità o coincidenza, nel sesso maschile, ma nessuno che avesse la sventura di chiamarsi Tertuliano, e questo avrà certo rappresentato per loro un impagabile vantaggio per quanto riguarda i rapporti con il prossimo. Il commesso del negozio, che aveva già preso dallo scaffale la cassetta richiesta, ha inserito nel registro di uscita il titolo del film e la data in cui ci troviamo, e subito dopo ha indicato al noleggiante la riga dove firmare. Tracciata dopo un attimo di esitazione, la firma ha mostrato solo le ultime due parole, Máximo Afonso, senza il Tertuliano, ma, come chi avesse deciso di chiarire in anticipo un fatto che sarebbe potuto diventare motivo di controversia, il cliente, nel momento stesso in cui le scriveva, ha mormorato, Così è più rapido. Non gli è servito a molto l'aver messo le mani avanti, giacché il commesso, mentre trasferiva in una scheda i dati della carta d'identità, ha pronunciato a voce alta l'infelice e vieto nome, per giunta con un tono che persino una creatura innocente avrebbe riconosciuto come intenzionale. Nessuno, crediamo, per quanto scevra da ostacoli sia stata la sua vita, si arrischierà a dire che non gli è mai capitata una vessazione del genere. Benché prima o poi ci si presenti davanti, e si presenta sempre, uno di quegli spiriti forti a cui le debolezze umane, soprattutto quelle supremamente delicate, suscitano risate di scherno, la verità è che certi suoni inarticolati che a volte, senza volerlo, ci escono di bocca non sono altro che gemiti irreprimibili di un dolore antico, come una cicatrice che all'improvviso si fosse fatta risentire. Mentre infila la cassetta nella sua sciupata cartella d'insegnante, Tertuliano Máximo Afonso, con una briosità degna di nota, si sforza di non lasciar trasparire il dispiacere causatogli dalla denuncia gratuita del commesso, ma non ha potuto impedirsi di dire fra sé e sé, sia pur recriminandosi per la bassa ingiustizia del pensiero, che la colpa era del collega, della mania che ha certa gente di dare consigli senza che nessuno glieli abbia chiesti. Tale è il bisogno di scaricare le colpe su qualcosa di distante quando la verità è che ci è mancato il coraggio di affrontare quel che avevamo davanti. Tertuliano Máximo Afonso non sa, non immagina, non può indovinare che il commesso si è già pentito del maleducato sproposito, un altro orecchio, più fino del suo, capace di frantumare le sottili gradazioni di voce con cui si era dichiarato sempre a disposizione in risposta agli alterati saluti di congedo che gli erano stati rivolti, avrebbe consentito di percepire che si era instaurata li, dietro quel bancone, una grande volontà di pace. In definitiva, è benevolo principio mercantile, radicato nell'antichità e comprovato dall'uso dei secoli, che la ragione ce l'ha sempre il cliente, anche nel caso improbabile, ma possibile, che si chiami Tertuliano.

José Saramago delivering his Nobel Lecture, 1998



Mas não queria prender-se porque, então, seria confessar a inutilidade do que vivera. Que ganhara em fazer tão largo rodeio para, afinal, vir dar ao caminho por onde seguiam aqueles que resolutamente quisera deixar? «Queriam-me casado, fútil e tributável?», perguntara o Fernando Pessoa. «É isto o que a vida quer de toda a gente?», perguntava [...]
© José Saramago 2010



"Tempo pessimo per votare, si lagnò il presidente di seggio della sezione elettorale quattordici dopo aver chiuso violentemente il parapioggia inzuppato ed essersi tolto un impermeabile che a ben poco gli era servito nell'affannato trotto di quaranta metri da dove aveva lasciato l'auto fino alla porta da cui, col cuore in gola, era appena entrato. Spero di non essere l'ultimo, disse al segretario che lo aspettava qualche passo indietro, al riparo dalle raffiche che, sospinte dal vento, allagavano il pavimento. Manca ancora il suo supplente, ma siamo in orario, tranquillizzò il segretario, Se continua a piovere così sarà una vera impresa se arriveremo tutti, disse il presidente mentre si trasferivano nella sala dove si sarebbe svolta la votazione. Salutò per primi i colleghi di seggio che avrebbero fatto gli scrutatori, poi i rappresentanti di lista e i loro rispettivi supplenti. Usò l'attenzione di adottare per tutti le stesse parole, non lasciando trasparire nel viso né nel tono della voce alcun indizio che consentisse di cogliere le sue personali tendenze politiche e ideologiche. Un presidente, sia pure di una sezione elettorale tanto normale come questa, dovrà regolarsi in tutte le situazioni secondo il più rigoroso senso di indipendenza, o, in altre parole, mantenere le apparenze."

mercoledì 2 novembre 2011

pragmatica del Tao: i fondamenti



















 La fondazione del modello sistemico-relazionale dell'interazione e del comportamento umano a livello 4 è stata effettuata dalla seconda "Scuola di Palo Alto" di Watzlavick, Beavin, Jackson, Fish e Weakland presso il Mental Research Institute con la pubblicazione di Pragmatics of Human Communication nel 1967.
Il testo presenta i presupposti teorici del modello, la definizione di alcuni assiomi per la comunicazione umana, l'applicazione alla comunicazione patologica, un'analisi dell'organizzazione, un'analisi della comunicazione paradossale e della sua applicazione alla psicoterapia ed infine un capitolo che esplora i "limiti" della comunicazione.  

M.C. Escher, nastro di Moebius I, 1961
  • I fondamenti
Nelle aree di studio dei linguaggi naturali, quali la fonologia, morfologia, sintassi-grammatica, semantica e lessicologia, la pragmatica si occupa degli effetti del linguaggio sul comportamento, in particolare di come il contesto in cui il linguaggio agisce influisca sull'interpretazione del significato.
L'utilizzo moderno di questo termine all'interno della teoria dei segni, o semiotica, è stato proposto da Charles W. Morris che individua tre aree di studio:
  • la sintassi, o studio delle relazioni formali tra un segno e l'altro
  • la semantica, o studio delle relazioni dei segni con gli oggetti a cui si applicano
  • la pragmatica, o studio delle relazioni dei segni con gli interpretanti
Lo studio semiologico sui segni passa naturalmente a quello del linguaggio ed alla sua estensione con i due tipi di linguaggio di cui si compone la comunicazione, quello verbale (digitale o discreto) e quello non-verbale (analogico), e della loro congruenza o difformità nell'assegnare pragmaticamente un significato ben-formato.

Presupposti
Un fenomeno resta inspiegabile finché il campo d’osservazione non è abbastanza ampio da includere il contesto in cui il fenomeno si verifica.
Se si studia una persona dal comportamento disturbato (psicopatologia) isolandola, allora l’indagine deve occuparsi della natura di tale condizione e – in senso esteso - della natura della mente umana. Se invece si estende l’indagine fino ad includere gli effetti che tale comportamento ha sugli altri, le reazioni degli altri a questo comportamento, e il contesto in cui tutto ciò accade, il centro dell’interesse si sposta dalla monade isolata artificialmente alla relazione tra le parti di un sistema più vasto. Chi studia il comportamento umano passa allora dall’analisi deduttiva della mente all’analisi delle manifestazioni osservabili nella relazione: il veicolo di tali manifestazioni è la comunicazione.
Lo studio della comunicazione umana si può dividere in tre settori:
Sintassi: è di competenza esclusiva del teorico dell’informazione, il quale appunto si interessa ai problemi della codificazione, dei canali, della capacità, del rumore, della ridondanza, e di altre proprietà statistiche del linguaggio;
Semantica: l’interesse primario è il significato;
Pragmatica: influenza il comportamento.

Nozione di funzione e di relazione
Il concetto di funzione è costituito dal rapporto tra le variabili (che assumono valore proprio in base al loro rapporto).
E’ senza dubbio stimolante il parallelismo che si instaura tra l’affermazione in matematica del concetto di funzione e il riconoscimento in psicologia di quello di relazione. Sappiamo che sensazioni, percezioni, attenzione, memoria e diversi altri concetti sono stati definiti come “funzioni”; come del resto sappiamo dell’enorme mole di lavoro che è stato compiuto e che tutt’ora si compie per studiare tali “funzioni” isolandole artificialmente.
W. R. Ashby fa rivelare che un osservatore che sia in possesso di tutta l’informazione necessaria non ha bisogno di riferirsi al passato (e quindi all’esistenza di una memoria nel sistema): gli basta lo stato attuale del sistema per poterne spiegare il comportamento. Evidentemente la “memoria” non è qualcosa di obiettivo che il sistema possiede o non possiede; è un concetto a cui l’osservatore ricorre per colmare la lacuna determinata dal fatto che il sistema è in parte inosservabile. Tanto minore è il numero della variabili osservabili tanto più l’osservatore sarà costretto a considerare gli eventi passati come rilevanti per il comportamento del sistema.
Le percezioni implicano un processo di cambiamento, movimento o scansione. In altre parole, sulla base di prove estremamente ampie, è stato possibile stabilire e astrarre una relazione che è identica al concetto matematico di funzione... ne consegue che la sostanza delle nostre percezioni non è costituita da “cose” ma da funzioni; e come abbiamo visto le funzioni non sono grandezze isolate ma "segni per un nesso... per una infinità di situazioni possibili di uno stesso tipo..." Ma se le cose stanno così, non deve più sorprenderci neppure che la consapevolezza che l’uomo ha di se stesso è sostanzialmente una consapevolezza delle funzioni, delle relazioni in cui si trova implicato, e qui non ha importanza quanto egli possa successivamente reificare tale consapevolezza.

Informazione e retroazione
La teoria psicoanalitica di S. Freud si basa su di un modello che non è in contrasto con l’epistemologia predominante al tempo in cui furono formulati i principi della psicoanalisi. Si parte dal postulato che il comportamento sia in primo luogo la conseguenza di una ipotizzata azione reciproca di forze intrapsichiche che si ritiene seguano strettamente le leggi della fisica sulla conservazione e sulla trasformazione dell’energia. La psicoanalisi classica restava anzitutto una teoria dei processi intrapsichici, che considerava si secondaria importanza l’interazione con le forze esterne anche quando tale interazione era evidente. La ricerca psicoanalitica ha trascurato l’interdipendenza tra l’individuo e il suo ambiente, ed è proprio a questo punto che diventa indispensabile il concetto di scambio di informazione, cioè di comunicazione. C’è una differenza sostanziale tra il modello psicodinamico (psicoanalitico) da una parte e ogni schema che elabori il concetto di interazione individuo-ambiente dall’altra. Se si da un calcio ad un sasso, questo rotolerà secondo la forza acquisita e la struttura del terreno; se lo si dà a un cane, questo acquisirà sì la forza, ma “reagirà” in un ordine diverso.
La scoperta della retroazione ha reso possibile questo nuovo modo di vedere le cose. Una catena in cui l’evento A produce l’evento B, e poi B produce C, e C a sua volta causa D, etc..., può sembrare che abbia le proprietà di un sistema lineare deterministico. Ma se D riconduce ad A, il sistema è circolare e funziona in un modo completamente diverso.
La retroazione può essere negativa o positiva. La prima caratterizza l’omeostasi (stato stazionario) e gioca quindi un ruolo importante nel far raggiungere e mantenere la stabilità delle relazioni; la seconda provoca un cambiamento, cioè la perdita di stabilità e di equilibrio. In entrambi i casi, parte dei dati in uscita sono reintrodotti nel sistema come informazione circa l’uscita stessa. In caso di retroazione negativa, si usa questa informazione per far diminuire la deviazione all’uscita rispetto a una norma prestabilita o previsione dell’insieme – di qui l’aggettivo “negativa” - mentre in caso di retroazione positiva la stessa informazione agisce come una misura per aumentare la deviazione all’uscita, ed è quindi positiva in rapporto alla tendenza già esistente verso l’arresto o la distruzione.
I sistemi interpersonali possono essere considerati circuiti di retroazione, poiché il comportamento di ogni persona influenza ed è influenzato dal comportamento di ogni altra persona. Poiché sia la stabilità che il cambiamento contraddistinguono le manifestazioni della vita, i meccanismi di retroazione negativa e positiva agiscono in essa come forme specifiche di interdipendenza o di complementarità. I sistemi con autoregolazione – i sistemi a retroazione - impongono una loro filosofia in cui i concetti di modello e di informazione sono fondamentali come lo erano quelli di materia e di energia all’inizio del secolo.

Ridondanza
L’omeostato di W. R. Ashby è costituito da quattro identici sottosistemi autoregolanti e tutti interconnessi in modo tale che una perturbazione provocata in uno qualunque di essi influenza gli altri e a sua volta ciascuno reagisce attraverso gli altri. Nessun sottosistema può quindi ottenere il proprio equilibrio isolandosi dagli altri. L’omeostato ottiene la stabilità mediante una ricerca casuale delle sue combinazioni e continua finché non raggiunge una configurazione interna adatta.

Homeostat Details From Ashby's Notebooks.
Tuttavia, se un sistema come l’omeostato ha la capacità di immagazzinare gli adattamenti precedenti per usarli in futuro, la probabilità inerente alla sequenza delle configurazioni interne subirà un drastico cambiamento nel senso che certi raggruppamenti di configurazioni diventeranno ripetitivi e per tale ragione più probabili di altri. Questo è un processo stocastico, e secondo la teoria dell’informazione, tali processi mostrano ridondanza o vincolo.
La ridondanza è stata studiata ampiamente in due settori della comunicazione umana: in quello della sintassi e in quello della semantica. Una delle conclusioni che si possono trarre da questi studi è che ognuno di noi ha moltissime cognizioni sulla legittimità e sulla probabilità statistica inerente sia alla sintassi che alla semantica della comunicazione umana. Una persona può essere in grado di usare la propria lingua correttamente e fluentemente senza conoscere tuttavia la grammatica e la sintassi, cioè le regole che egli osserva nel parlare la lingua.
La maggior parte degli studi esistenti sulla pragmatica della comunicazione sembra che si limiti a considerare gli effetti della persona A sulla persona B, senza prendere in considerazione in egual misura che qualunque cosa faccia B influenza la mossa successiva di A, e che essi sono soprattutto influenzati dal contesto in cui ha luogo la loro interazione (e a loro volta influenzano il contesto).
I gradi di consapevolezza che abbiamo delle regole di comportamento e di interazione sono gli stessi che S. Freud ha postulato per i lapsus e gli errori:
se ne può avere piena consapevolezza, e in questo caso si possono usare il questionario e altre tecniche semplici di domanda-risposta;
possiamo  non rendercene conto, ma essere capaci di riconoscerli quando ci vengono fatti notare; 
è possibile non avere alcuna consapevolezza fino al punto che se anche venissero delineati con chiarezza per attirarvi la nostra attenzione, non saremmo ancora in grado di vederli.

Metacomunicazione e concetto di calcolo
Quando non usiamo più la comunicazione per comunicare ma per comunicare sulla comunicazione, gli schemi concettuali che adopriamo non fanno parte della comunicazione ma vertono su di essa. Definiamo quindi metacomunicazione, per analogia alla metamatematica, la comunicazione sulla comunicazione. Rispetto alla metamatematica, il lavoro di ricerca della metacomunicazione incontra due grossi inconvenienti. Il primo svantaggio è che nel campo della comunicazione non ci sia finora nulla di confrontabile al sistema formale del calcolo; il secondo è strettamente collegato al primo: mentre i matematici hanno due linguaggi (numeri e segni algebrici per esprimere fatti matematici e il linguaggio naturale per la metamatematica), noi dobbiamo limitarci ad usare il linguaggio naturale che resta il veicolo sia della comunicazione che della metacomunicazione.
Si può definire l’interazione ricorrendo all’analogia del gioco degli scacchi, come sequenze di “mosse” rigidamente governate de regole, ma è irrilevante che i comunicanti siano perfettamente consapevoli delle regole oppure no; è invece estremamente importante che su tali regole sia possibile fare delle asserzioni di metacomunicazione dotate tutte di significato. Il che significa che esiste un calcolo della pragmatica della comunicazione umana le cui regole vengono osservate nella comunicazione efficace e violate nella comunicazione disturbata.

Concetto di scatola nera
L’impossibilità di vedere la mente “al lavoro” ha fatto adottare negli ultimi ani un concetto elaborato nel settore delle telecomunicazioni, quello di “scatola nera”. Se applichiamo il concetto a problemi psicologici e psichiatrici, si vede subito il vantaggio euristico che presenta: non abbiamo bisogno di ricorrere ad alcuna ipotesi intrapsichica (che è fondamentalmente inverificabile) e possiamo limitarci ad osservare i rapporti di ingresso-uscita, cioè la comunicazione.

Consapevolezza e non consapevolezza
Lo studio del comportamento umano, sulla base del concetto di “scatola nera”, ci porta a considerare l’uscita di una “scatola” come l’ingresso di un’altra. Ma stabilire se tale scambio di informazione sia consapevole oppure no è un quesito che non ha più quell’importanza che invece conserva in una struttura psicodinamica. Il che non significa certo che non sia importante stabilire (per quanto riguarda le reazioni a un comportamento specifico) se tale comportamento sia consapevole o inconsapevole. L’opinione che si fa a proposito si basa necessariamente sulla nostra valutazione dei motivi dell’altro, e quindi su una ipotesi di ciò che passa dentro la testa dell’altro. E se anche si chiedesse all’altro, ci si può non fidare della risposta che si riceve.

Presente e passato
Non c’è dubbio che il comportamento sia determinato almeno in parte dall’esperienza precedente, ma si sa quanto sia inattendibile ricercarne le cause nel passato. Non soltanto le prove soggettive su cui principalmente si basa la memoria hanno la tendenza a distorcere i fatti, ma bisogna anche tener presente che qualunque persona A che parli del suo passato alla persona B è strettamente legata alla relazione in corso tra queste due persone (e ne è determinata).

Causa ed effetto
Le cause possibili o ipotizzabili del comportamento assumono un’importanza secondaria, mentre s’impone l’effetto del comportamento come criterio estremamente rilevante nell’interazione di individui che sono in stretti rapporti di parentela.

Circolarità dei modelli di comunicazione
Mentre nelle catene causali, che sono lineari e progressive, ha senso parlare del principio e della fine di una catena, tali termini sono privi di significato in sistemi con circuiti di retroazione. Non c’è fine né principio in un cerchio.

 

Relatività delle nozioni di “normalità” e “anormalità”
Una volta che si sia accettato il principio di comunicazione secondo cui un comportamento si può studiare soltanto nel contesto in cui si attua, i termini “sanità” e “insania” perdono praticamente il loro significato in quanto attributi di individui. Analogamente le nozioni di “normalità” e “anormalità” diventano molto discutibili.

venerdì 28 ottobre 2011

il cimitero del Tao verbale


il Te del Tao: XXV - RAFFIGURA L'ORIGINE


XXV - RAFFIGURA L'ORIGINE

C'è un qualcosa che completa nel caos,
il quale vive prima del Cielo e della Terra.

Come è silente, come è vacuo!
Se ne sta solingo senza mutare,
ovunque s'aggira senza correr pericolo,
si può dire la madre di ciò che è sotto il cielo.
Io non ne conosco il nome
e come appellativo lo dico Tao,

sforzandomi a dargli un nome lo dico Grande.
Grande ovvero errante,
errante ovvero distante,
distante ovvero tornante.
Perciò
il Tao è grande,
il Cielo è grande,
la Terra è grande
ed anche il sovrano è grande.
Nell'universo vi sono quattro grandezze
ed il sovrano sta in una di esse.
L'uomo si conforma alla Terra,
la Terra si conforma al Cielo,
il Cielo si conforma al Tao,
il Tao si conforma alla spontaneità.




Fritjof Capra nel "Tao della Fisica" ha messo in evidenza come le ultime righe del cap. XXV, oltre ad indicare le quattro forze esistenti in natura, siano in relazione con le teorie di bootstrap degli adroni degli anni 60-70, ed in particolare con la filosofia di auto-congruenza intrinseca dei modelli.

il segreto del Tao

The Canyon's Secret

Blyde River Canyon, Mpumalanga

Myself and Shem Compion went on a 5 day trip to Mpumalanga in January to explore the Africa's 2nd largest Canyon. One of Shem’s friend’s told us about this place on the other side of the Canyon that no one ever sees. After a long drive along unmarked and overgrown roads we got a concrete pass that quickly ascended through the tropical forest mist-belt and arrived atop Mariepskop in misty weather. We drove around and the scenery was a mix of mossy vegetation, military hardware and views of the lowveld that stretched forever.When it cleared occasionally we saw that there was a storm cloud over the main escarpment with a nice high-cloud anvil that would make for a a great sunset. We parked and decided to try and get to the escarpment edge, but the terrain of rock stacks and dense vegetation proved impossible to negotiate. We got about 100m from the road, made a u-turn and about 45 minutes later we were back at the car, exhausted and scratched all over. Using an Ipad and google earth we determined where the edge was closest to the road, drove there and found a seldom used track leading to the cliff edge. In front of us lay the back side of the three rondavels and the sun was about 20 minutes from reaching the gap in the clouds. We scouted for compositions, set up and waited for the light. As the first beams burst out below the clouds and creeped over the far hills the adrenaline started pumping (only landscape photographers can get an adrenaline rush from sunsets!). As the sun dipped below the horizon, the mist closed in and we headed back to car with a very big smile on our faces.

http://www.hougaardmalan.com/

Repressione (10 di Bastoni)


La figura di questa carta è letteralmente avvinta nei propri nodi. La sua luce brilla ancora all'interno, ma essa ha represso la propria vitalità nel tentativo di corrispondere a una infinità di richieste e di aspettative. Ha rinunciato a tutto il suo potere e alla propria visione per essere accettata proprio da quelle forze che l'hanno imprigionata. Il pericolo nel reprimere la propria energia naturale in questo modo appare evidente nelle crepe prodotte da un'eruzione vulcanica che sta per verificarsi ai confini dell'immagine. Il vero messaggio di questa carta è un invito a trovare uno sfogo benefico a questa esplosione potenziale. È essenziale trovare un modo per scaricare la tensione o lo stress che si possono essere accumulati all'interno. Picchia un cuscino, salta, vai in un luogo deserto e urla al cielo vuoto - qualsiasi cosa, pur di scuotere la tua energia e permetterle di circolare liberamente. Non aspettare che si verifichi una catastrofe.

In sanscrito viene chiamata "alaya vigyan": lo scantinato nel quale getti ciò che vuoi fare ma non puoi, a causa delle condizioni sociali, della cultura, della civiltà. Quelle cose però continuano ad accumularsi laggiù, e intaccano le tue azioni, la tua vita, in maniera estremamente indiretta. Non possono fronteggiarti a viso aperto, direttamente - le hai spinte a forza nell'oscurità - ma da quella zona oscura continuano a influenzare il tuo comportamento. Sono pericolose; è pericoloso conservare dentro di te tutte queste inibizioni. È possibile che siano queste le cose che arrivano al culmine, quando una persona impazzisce. La follia non è altro che tutte queste cose represse giunte a un punto in cui non riesci più a controllarle. Eppure, la follia è accettata, e la meditazione no - e la meditazione è il solo modo per essere assolutamente sani di mente.