mercoledì 23 marzo 2011

Condizionamento (il Diavolo) - XV Major


La carta richiama un antico racconto Zen in cui si narra di un leone, allevato da pecore, e che quindi pensava di essere una pecora. Finché un giorno, un vecchio leone lo acchiappò e lo portò in riva a uno stagno, mostrandogli così il riflesso del suo volto. Molti di noi sono come questo leone - l'immagine che abbiamo di noi stessi non ci viene dalla nostra esperienza diretta, ma dalle opinioni degli altri. Una "personalità" imposta dall'esterno rimpiazza l'individualità che sarebbe potuta crescere dall'interno. Diventiamo simili a tutte le altre pecore del gregge, incapaci di muoverci liberamente, e inconsapevoli della nostra vera identità. È tempo di dare uno sguardo al riflesso del tuo volto nello stagno, e di fare un passo per spezzare qualsiasi cosa tu sia stato condizionato dagli altri a credere di te stesso. Danza, corri, scuotiti, fai gibberish - fai qualsiasi cosa ritieni necessaria per svegliare il leone che dorme dentro di te.

Se non lasci cadere la tua personalità, non riuscirai a trovare la tua individualità. L'individualità è data dall'esistenza; la personalità è imposta dalla società, è un meccanismo sociale. La società non può tollerare l'individualità, perché nessun individuo sarà mai succube come una pecora. L'individualità ha la qualità del leone, il leone si muove da solo. Le pecore vivono sempre nella folla, sperando che lo stare nella folla faccia sentire al calduccio. Stare in una folla fa sentire protetti, al sicuro. Se qualcuno attacca, in una folla è possibilissimo salvare se stessi. Ma da soli? Solo i leoni si muovono in solitudine. Ognuno di voi è nato leone, ma la società continua a condizionarvi, a programmare la vostra mente in funzione dell'essere una pecora. Vi dà una personalità, una personalità rassicurante, gentile, manierata, obbediente. La società vuole schiavi, non persone saldamente devote alla libertà. E vuole schiavi perché tutti gli interessi istituzionali richiedono obbedienza.


Le radici del condizionamento sono molteplici e profonde; la figura riporta come dal livello di base che ci circonda (l'ambiente e la società - il mondo - in cui viviamo e siamo vissuti) diverse azioni a diversi livelli agiscano sui processi biologici, neuronali e culturali come condizionamento verso i livelli cognitivi superiori, determinando chi crediamo di essere.

martedì 22 marzo 2011

Metalogo: che cos'è l'istinto del Tao?

Definizione di istinto: in psicologia animale e in etologia, “meccanismo nervoso organizzato gerarchicamente, con schemi d'azione innati, sensibile a determinate stimolazioni ambientali che lo risvegliano, lo mettono in funzione e lo dirigono, alle quali esso risponde con movimenti ben coordinati che hanno per fine la conservazione dell’individuo o della specie”. L’istinto animale (che porta per esempio gli uccelli a costruirsi il nido) è più complesso del riflesso; non muta né durante la vita dell’individuo né attraverso le varie generazioni di individui di una stessa specie, e diventa tanto meno rigido o preformato e tanto più legato all’apprendimento quanto più si sale nella scala zoologica.

cit. da Nikolaas Tinbergen, premio Nobel 1973 per la Fisiologia e la Medicina  con Karl von Frisch e Konrad Lorenz

 

















Definizione di Metalogo: Un metalogo è una conversazione su un argomento problematico. Questa conversazione deve essere tale che non solo i partecipanti discutono il problema ma la struttura della conversazione in generale è rilevante anche per lo stesso soggetto. 

In particolare, la storia della teoria evolutiva è inevitabilmente uno metalogo tra uomo e natura, in cui la creazione e l'interazione di idee deve necessariamente esemplificare  il processo evolutivo.

Figlia: “Papà, che cos’è un istinto?”
Padre: “Un istinto, tesoro, è un principio esplicativo
F.: “Ma che cosa spiega?”
P.: “Ogni cosa…quasi ogni cosa. Ogni cosa che si voglia spiegare con esso
F.: “Non dire sciocchezze. Non spiega la forza di gravità”
P.: “No. Ma è così perché nessuno vuole che l’istinto spieghi la forza di gravità. Se qualcuno volesse, la spiegherebbe. Si potrebbe semplicemente dire che la luna ha un istinto la cui forza varia in maniera inversamente proporzionale al quadrato della distanza…
F.: “Ma non ha senso, papà”
P.: “Si, d’accordo. Ma sei tu che hai tirato fuori l’istinto, non io
F.: “D’accordo…ma allora che cos’è che spiega la forza di gravità?” 
P.: “Niente tesoro, perché la forza di gravità è un principio esplicativo
F.:Oh.

F.: “Vuoi dire che non si può usare un principio esplicativo per spiegarne un altro? Mai?”
P.: “Uhm…quasi mai. Questo è ciò che Newton intendeva quando diceva hypotheses non fingo
F.: “E che cosa vuol dire?”
P.: “Be’, sai cosa sono le ‘ipotesi’. Ogni proposizione che colleghi tra loro due proposizioni è un’ipotesi. Se dici che il 1° febbraio c’era la luna piena e che il 1° marzo c’era di nuovo, e poi colleghi queste due proposizioni in qualche modo, la proposizione che le collega è un’ipotesi”
F.: “Sì, e so anche che cosa vuol dire non. Ma fingo che cosa vuol dire?”
P.: “Be’…fingo è un termine della tarda latinità che significa ‘fabbrico’. Da esso si forma un sostantivo, fictio, da cui proviene la parola ‘finzione’, che oggi è spesso intesa come ‘fabbricazione non vera’
F.: “Papà, vuoi dire che il signor Isaac Newton pensava che tutte le ipotesi fossero solo fabbricate come le storie?”
P.: “Si ... proprio così”.
F.: “Ma non è stato lui a scoprire la gravità? Con la mela?”
P.: “No, tesoro, l’ha inventata”››

F.:Oh...papà, chi ha inventato l'istinto?
P.: “Non saprei. Probabilmente biblico”

F.:Ma se l'idea di gravità collega insieme due proposizioni descrittive, deve essere un'ipotesi”
P.: “Esatto”
F.:Quindi Newton fece fingo una ipotesi dopotutto
P.: “Si, veramente lo fece. Era un grandissimo scienziato”
F.: Oh.

F. Papà, un principio esplicativo è lo stesso che un’ipotesi?
P. Quasi, ma non proprio. Vedi, un’ipotesi cerca di spiegare qualche fatto particolare, ma un principio esplicativo - come la ’gravità’ o l’"istinto" - in realtà non spiega niente. È una specie di accordo convenzionale tra gli scienziati perché a un certo punto si smetta di cercar di spiegare le cose.
F. Allora è questo che Newton intendeva? Se la ’gravità’ non spiega niente, ma è solo una specie di punto fermo alla fine di un rigo di spiegazione, allora inventare la gravità non era come inventare un’ipotesi, e lui poteva affermare di non fingere alcuna ipotesi.
P. Proprio così. Non c’è spiegazione per un principio esplicativo. È come una scatola nera.
F. Oh.

i Luoghi del Tao: Borobudur


Il complesso del tempio di Borobudur, ai piedi del vulcano Merapi, nella parte centrale dell'isola di Giava, Indonesia, è un tempio buddhista Mahāyāna risalente circa all'800 d.C., ed è stato oggetto di paragone con altre opere colossali dell'antichità; ha infatti una base di 122 metri quadrati ed un'altezza di 35 metri, poggia su circa 1.600.000 colossali blocchi di pietra e le sue pareti sono ricoperte da 2.672 bassorilievi (per una lunghezza complessiva che supera i 5 km e una superficie che arriva agli 8 km²) di cui più di 1.400 narranti storie riguardanti Buddha e con 504 statue dedicate a quest'ultimo.


L'edificio ha una linea quadrata e divisa in gradini e appare come una montagna; nella vista dall'alto si apprende la complessità della pianta e la sua struttura architettonica. È il monumento più visitato di tutta l'Indonesia.


Dal 1991 è stato inserito dall'UNESCO tra i beni protetti come patrimonio dell'umanità.

orizzontalità, verticalità, trasversalità e lateralità del Tao

La struttura a livelli gerarchici verticale degli ambiti di descrizione:


corrisponde sostanzialmente all'insieme delle cosiddette scienze naturali, e presenta due caratteristiche peculiari:
la prima è che ogni livello di descrizione contiene i livelli inferiori, li estende ed è basato su essi:

 

in questo senso la chimica si basa sulla fisica ma allo stesso tempo è qualcosa di più della fisica, la biologia si basa sulla chimica etc. Come fatto notare da Anderson questo non significa che ogni livello sia una semplice applicazione o estensione diretta del/dei livello/i inferiori, dato che ad ogni nuovo livello scaturiscono fenomeni che non sono minimamente riconducibili o spiegabili con i livelli inferiori, anche se da questi dipendono.

La seconda è che ognuno di questi ambiti di descrizione, con gli innumerevoli sotto e sopra-livelli, livelli intermedi, miscele di livelli etc., si basa (ha come "fondamento") sul livello fisico 0. Naturalmente salendo di livello le proprietà del livello fisico diventano sempre meno rilevanti per la descrizione a quel livello, se non per il fatto - dato per scontato, e quindi divenuto "trasparente" - di obbedire alle leggi dei livelli inferiori.
Ad esempio, immaginiamo di essere uno psichiatra al livello 4 e di visitare un paziente che presenta disturbi mentali. Lo psichiatra può ritenere necessario ottenere delle informazioni dai livelli inferiori del paziente per avere un quadro completo della diagnosi, ad esempio prescrivendo degli esami del sangue o genetici, tuttavia non si aspetta che il suo paziente incominci ad lievitare per aria e si metta a volare fuori dalla finestra, per le leggi che valgono a livello 0, oppure che il suo sangue sia composto da idrocarburi, per le leggi che valgono a livello 1 e 2.

La struttura a livelli gerarchici verticale diventa anche con un estensione orrizzontale quando considerata in tre dimensioni:


in questo caso ad ogni livello si associa un piano gerarchico e/o logico che comprende tutti gli argomenti di descrizione propri di quel livello. Se un livello superiore emerge da quello inferiore, come nel caso dei fenomeni biologici dal livello chimico, allora il salto tra livelli non è più solo gerarchico ma anche logico, nel senso che le descrizioni in ambito biologico saranno necessariamente delle meta-descrizioni osservate dal livello inferiore chimico - non solo saranno quantitativamente più estese, come avviene tra la chimica e la fisica (sebbene alcuni fenomeni chimici come le strutture dissipative di Prigogine o la teoria degli ipercicli di Eigen non siano immediatamente riconducibili alla fisica), ma saranno qualitativamente e logicamente diverse. Lo stesso vale per i livelli superiori: l'interazione comunicativa e lo sviluppo di strutture sociale tra gli organismi non sono riconducibili alla loro biologia, etc.
Esistono tuttavia numerosi ambiti di descrizione che non hanno una base di livello 0 e che quindi non sono direttamente rappresentabili in una scala gerarchica verticale;  tra gli innumerevoli basta ricordare le cosiddette scienze umanistiche - quali la letteratura, la storia, la pedagogia etc. - più una serie di ambiti di non immediata collocazione se non quella di auto-evidenza o auto-definizione, quali l'arte, la musica, l'economia, la linguistica, l'intelligenza artificiale, la psicologia etc.
E' da notare inoltre, per la distinzione tra mappa e territorio, che anche per gli ambiti di descrizione delle scienze naturali sono gli oggetti/argomenti della descrizione che si basano sui livelli inferiori, in particolare sempre sul livello 0, ma non l'ambito stesso di descrizione che, in quanto tale, non ha alcun aspetto materiale fisico - se non i libri cartacei o i bit di dati che lo descrivono o l'attività cerebrale di chi stà pensando a quella descrizione. In questo senso la fisica o la chimica non sono meno "immateriali" della letteratura o della musica.


Esistono inoltre almeno tre ambiti di descrizione che sono trasversali rispetto alla struttura gerarchica e a molti degli altri ambiti di descrizione non-gerarchici.

Il primo, classicamente, è quello della filosofia: con il suo significato derivato dal greco φιλοσοφία, composto di φιλεῖν (filèin), "amare", e σοφία (sofìa), "sapienza", ossia "amore per la sapienza", la filosofia si applica potenzialmente a qualsiasi ambito di descrizione, dalla fisica all'arte. Una definizione univoca della filosofia non è possibile in quanto ogni sistema filosofico di una certa rilevanza (e ve ne sono come minimo alcune decine, se non centinaia, nel corso di almeno 3000 anni) ha tra le proprie fondamenta concettuali una ridefinizione del senso, dell'ambito e dello scopo della filosofia. Nel suo porsi come discorso di ricerca su qualcosa piuttosto che di qualcosa la filosofia è intrinsecamente un meta-ambito di descrizione,  dato che fornisce essenzialmente meta-descrizioni; applicata ai vari specifici ambiti di descrizione si distingue poi nei vari settori di meta-descrizione specifici quali metafisica, ontologia, epistemologia, etica, estetica, del linguaggio, della scienza, della storia, di specifiche scienze e di specifiche storie etc.


Il secondo è lo studio della mente, o più specificamente dei processi mentali. Anche in questo caso l'ambito di descrizione dipende dalla definizione di mente, se condiderata come un fenomeno emergente definito dall'insieme delle funzioni superiori del cervello oppure come qualcosa di più vasto inteso come processo mentale che va oltre il cervello e non necessariamente ne richiede la presenza. Nell'ambito della filosofia della mente (o della filosofia in generale) si sono proposti modelli esattamente agli opposti, da quelli che considerano la mente tutta e solo "dentro" il cervello (e quindi un prodotto dell'attività cerebrale) a quelli che la considerano (almeno in parte - ma nella parte essenziale: la coscienza, se non addirittura nella sua intierezza di mente-coscienza-anima, ed in questo caso è più definibile come Mente) tutta all'esterno del cervello.
Nella figura si è intesa la mente essenzialmente come processo (sotto diverse forme) in un sistema allargato che non necessariamente ha come limite la scatola cranica, ma si estende ad un ambiente/ecosistema in cui opera la mente; questa concezione di processo mentale è stata proposta negli anni 70-80 indipendentemente e in modo piuttosto complementare da Gregory Bateson e da Humberto Maturana, e sviluppata in seguito da Francisco Varela nell'ambito delle scienze della cognizione, ma naturalmente ha molti presupposti in diversi sistemi filosofici del passato.
E' da notare che - singolarmente - non esiste una specifica organizzata "scienza della mente", la cosiddetta "mentalica" descritta da Isaac Asimov; i vari aspetti di essa sono suddivisi in una serie di ambiti di descrizione che vanno dall'anatomia alla neurofisiologia alla psichiatria alla psicologia fino all'intelligenza artificiale.


Il terzo è la complessità, o scienza o scienze della complessità. Nella sua intrinseca caratteristica di multi-dimensionalità, che si ripartisce tra tutti i possibili ambiti di descrizione, lo studio della complessità è intrisecamente trasversale ad ogni disciplina organizzata.

Infine vi è la possibilità di una lateralità nei confronti dei diversi ambiti di descrizione, basata sul cosiddetto pensiero laterale, inteso come un percorso logico e di descrizione che attraversa trasversalmente e lateralmente i vari ambiti di descrizione, cogliendone aspetti che presi isolatamente non avrebbero particolare interesse, mentre presi insieme e collegati in uno specifico percorso di descrizione possono far emergere nuove descrizioni tipicamente multi-disciplinari e multi-dimensionali. La lateralità può avvenire tra qualsiasi livello di diversi sistemi, ed in particolare è stata spesso applicata come tecnica nella filosofia ai sistemi concettuali (o parzialmente concettuali), come quelli filosofici, e porta, e ha portato nel corso della storia della filosofia, a successivi nuovi sistemi rispetto ai precedenti.


Un classico esempio contemporaneo molto sofisticato di lateralità è l'opera di Douglas Hofstadter, dove lateralizzando attraverso ambiti di descrizione molto lontani tra loro, quali la logica formale, la musica e le arti visive, ha fatto emergere la struttura comune di Strano Anello.

mercoledì 16 marzo 2011

omaggio al Tao: chi porterà avanti il Tao che Connette

la tomba di Gregory Bateson: il Pacifico di fronte ad Esalen, Big Sur, CA
Poco prima della sua morte, qualcuno chiese a un Gregory Bateson malato:
"Chi porterà avanti il vostro lavoro sulla struttura che connette una volta che te ne sarai andato?"
Bateson rispose:
"Un uomo il cui nome è Humberto Maturana di Santiago, Cile. Ha fatto qualche ricerca molto interessante che è complementare al mio lavoro."
(1997)






Francisco Javier Varela García (Santiago del Cile, 7 settembre 1946 – Parigi, 28 maggio 2001)

"Why do emergent selves, virtual identities, pop up all over the place, creating worlds, whether at the mind/body level, the cellular level, or the transorganism level? This phenomenon is something so productive that it doesn't cease creating entirely new realms: life, mind, and societies. Yet these emergent selves are based on processes so shifty, so ungrounded, that we have an apparent paradox between the solidity of what appears to show up and its groundlessness. That, to me, is the key and eternal question."





Humberto Maturana (Santiago del Cile, 14 settembre 1928)
«La conservazione non è per la terra, è per noi stessi; la biodiversità è importante per il nostro benessere fisiologico, psichico, relazionale, estetico. [...] È un problema di desiderio»



giovedì 24 febbraio 2011

Tao letterario ricursivo


Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d'inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c'è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo piú forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace.


cimitero di Castiglione della Pescaia
foto di Aldo Ardetti

cambiamento e stabilità del Tao


“STABILITA'“ E  “CAMBIAMENTO” DESCRIVONO PARTI DELLE NOSTRE DESCRIZIONI.

In altre parti di questo libro assumeranno grande importanza la parola "stabile" e, necessariamente, la parola "cambiamento". Sarà bene perciò esaminare queste parole ora, nella fase introduttiva del nostro lavoro. Quali tranelli contengono o nascondono queste parole?
Di solito "stabile" viene usato come aggettivo riferito a una cosa. Viene detto stabile un composto chimico, un edificio, un ecosistema, un governo. Se approfondiamo la questione, ci verrà detto che l'oggetto stabile non cambia sotto l'urto o la tensione di qualche particolare variabile esterna o interna, o, forse, che esso resiste al passare del tempo.
Se ci mettiamo a indagare su ciò che sta dietro questo uso di "stabilità", scopriamo una vasta gamma di meccanismi. Al livello più elementare troviamo la semplice durezza o la viscosità fisica, qualità che descrivono le relazioni dell'urto tra l'oggetto stabile e un altro oggetto. A livelli più complessi può essere l'intera massa di processi interrelati detta "vita" a operare per mantenere il nostro oggetto in uno "stato di cambiamento" che garantisca il persistere di alcune costanti necessarie, come la temperatura del corpo, la circolazione sanguigna, la glicemia o addirittura la vita stessa.
L'acrobata sul filo mantiene la sua stabilità mediante continue correzioni del suo squilibrio.
Questi esempi più complessi indicano che quando usiamo la parola "stabilità" a proposito di cose viventi o di circuiti autocorrettivi dovremmo "seguire l'esempio delle entità di cui parliamo". Per l'acrobata sul filo è importante il cosiddetto 'equilibrio'; per il corpo del mammifero lo è la 'temperatura'. Il mutamento dello stato di queste importanti variabili istante per istante viene trasmesso alle reti di comunicazione del corpo. Per seguire l'esempio dell'entità, dovremmo definire la 'stabilità' riferendoci sempre alla "verità continuativa di una qualche proposizione descrittiva". L'enunciato  “l'acrobata è sul filo” continua a valere anche sotto l'effetto di lievi brezze e di vibrazioni della fune. Questa 'stabilità' è il risultato di continui cambiamenti nelle descrizioni della positura dell'acrobata e della posizione della sua asta di bilanciamento.
Ne segue che, quando parliamo di entità viventi, gli enunciati relativi alla 'stabilità' dovrebbero essere sempre contrassegnati da un riferimento a qualche proposizione descrittiva, in modo da chiarire a quale tipo logico appartenga la parola "stabile". Più avanti ... vedremo che "ogni" proposizione descrittiva dev'essere caratterizzata secondo il tipo logico del soggetto, del predicato e del contesto.
Analogamente tutti gli enunciati relativi al cambiamento richiedono lo stesso genere di precisione. Adagi profondi come il francese  “plus ca change, plus c'est la meme chose” devono la loro saccente sentenziosità a una confusione di tipi logici: ciò che  “cambia” e ciò che  “è sempre lo stesso” sono entrambe proposizioni descrittive, ma di ordine diverso.
L'elenco dei presupposti esaminati in questo capitolo richiede un commento. In primo luogo l'elenco non è completo da nessun punto di vista, e non esiste alcuna indicazione che un elenco completo di verità o di proposizioni generali sia veramente possibile. E' forse, anzi, una caratteristica del mondo in cui viviamo che un siffatto elenco debba essere finito?
...
In primo luogo, davanti a un elenco l'impulso naturale dello scienziato è di incominciare a classificarne o ordinarne le voci. Io in parte l'ho già fatto, suddividendo l'elenco in quattro gruppi nei quali le voci sono collegate tra loro in vari modi. Un esercizio non banale sarebbe quello di catalogare i modi in cui si possono connettere queste verità o presupposti. Il raggruppamento da me imposto è il seguente.
Un primo gruppo comprende ..., che sembrano essere aspetti interrelati del fenomeno necessario della codificazione. Qui, per esempio, è abbastanza facile riconoscere che la proposizione  “la scienza non dimostra mai nulla” è un sinonimo della distinzione tra mappa e territorio; entrambe seguono dagli esperimenti di Ames e dalla proposizione generale della storia naturale che  “l'esperienza oggettiva non esiste”.
E' interessante notare che, sotto il profilo astratto e filosofico, questo gruppo di asserzioni generali deve dipendere molto strettamente da qualcosa di simile al rasoio di Occam o regola della parsimonia. Senza un criterio ultimo di questa sorta, non esiste un modo definitivo di scegliere tra questa e quella ipotesi. Il criterio risultato necessario è quello della semplicità in preferenza alla complessità. Ma accanto a queste asserzioni generali vi è la loro connessione con la neurofisiologia, vi sono gli esperimenti di Ames e così via. Ci si chiede subito se il materiale relativo alla percezione non vada d'accordo con quello più filosofico perchè‚ il processo percettivo contiene qualcosa di analogo a un rasoio di Occam o a un criterio di parsimonia. 
...
... formano un secondo raggruppamento, riguardante questioni del casuale e dell'ordinato. Il lettore osserverà che l'idea che il nuovo può essere estratto solo dal casuale è in contraddizione pressoch‚ totale con l'inevitabilità dell'entropia. L'intera questione dell'entropia e dell'entropia negativa [il grado di mescolanza, disordine, indifferenziazione, imprevedibilità e casualità delle relazioni tra le componenti di un qualunque aggregato. Il suo contrario è l'"entropia negativa" (neg-entropia), il grado di ordine, classificazione o prevedibilità di un aggregato. In fisica certi generi di ordine sono legati alla quantità di energia presente], nonchè‚ le antitesi tra l'insieme delle asserzioni generali legate a questi termini e quelle legate all'energia, saranno considerate ... a proposito dell'economia della flessibilità. Qui basti notare l'interessante analogia formale tra l'apparente contraddizione esistente all'interno di questo gruppo di paragrafi e la discriminazione tracciata all'interno del terzo gruppo, dove ... si contrappone il numero alla quantità. La riflessione che concerne la quantità richiama sotto molti aspetti quella che riguarda il concetto di energia, mentre il concetto di numero è molto più strettamente legato ai concetti di struttura e di entropia negativa.
Il mistero che è al cuore dell'evoluzione sta, naturalmente, nell'antitesi tra gli enunciati della seconda legge della termodinamica e l'osservazione che il nuovo può essere estratto solo dal casuale. Si tratta dell'antitesi che Darwin risolse in parte con la teoria della selezione naturale.
...
Mi avvicinerò tuttavia ai problemi fondamentali del pensiero e dell'evoluzione, tentando di dare risposte alla domanda: "In quali modi due o più informazioni o comandi possono operare in accordo o in opposizione?" Questa domanda, con le sue molteplici risposte, mi sembra fondamentale per qualsiasi teoria del pensiero o dell'evoluzione.