Figlia Papà, quante cose sai?
Padre Eh? Uhm ... so circa un chilo di cose.
F. Non dire sciocchezze. Un chilo di quali cose? Ti sto chiedendo davvero quante cose sai.
P. Be', il mio cervello pesa circa un chilo e penso di usarne circa un quarto ... Quindi diciamo due etti e mezzo.
F. Ma tu sai più cose del papà di Johnny? Sai più cose di me?
P. Uhm ... una volta conoscevo un ragazzino in Inghilterra che chiese a suo padre: «I padri sanno sempre più cose dei figli?» e il padre rispose: «Sì». Poi il ragazzino chiese: « Papà, chi ha inventato la macchina a vapore?» e il padre: "James Watt». E allora il figlio gli ribatté: "Ma perché non l'ha inventata il padre di James Watt?".
F. Lo so. lo so più cose di quel ragazzo, perché so perché il padre di James Watt non l'ha inventata. È perché qualcun altro doveva inventare quaIcos'altro prima che chiunque potesse fare una macchina a vapore. Voglio dire ... non so ... ma ci voleva qualcuno che scoprisse la benzina prima che qualcuno potesse costruire un motore.
P. Sì ... questa è la differenza. Cioè, voglio dire che il sapere è come tutto intrecciato insieme, o intessuto, come una stoffa, e ciascun pezzo di sapere è significativo o utile solo in virtù degli altri pezzi, e ...
F. Pensi che si dovrebbe misurare in metri?
P. No, direi di no.
F. Ma le stoffe si comprano a metro.
P. Sì, ma non volevo dire che è una stoffa. È solo come stoffa ... e certamente non sarebbe piatto come stoffa ... ma avrebbe tre dimensioni ... forse quattro dimensioni.
F. Che cosa vuoi dire, papà?
P. Non so, veramente, tesoro. Stavo solo cercando di riflettere.
P. Non sta andando molto bene, questa mattina. E se prendessimo un'altra rotta? Ciò su cui dobbiamo riflettere è come i pezzi del sapere sono intrecciati insieme. Come si aiutano l'un l'altro.
F. E come fanno?
P. Be' ... qualche volta due fatti si sommano e tutto ciò che ne salta fuori sono solo due fatti. Ma qualche volta, invece di sommarsi soltanto, i due fatti si moltiplicano ... e saltano fuori quattro fatti.
F. Non si può moltiplicare uno per uno e ottenere quattro. Lo sai che non si può.
P. Oh, perbacco.
P. Ma sì che si può. Se le cose da moltiplicare sono pezzi di sapere o fatti o qualcosa del genere. Perché ciascuno di essi è qualcosa di doppio.
F. Non capisco.
P. Anzi, qualcosa di almeno doppio.
F. Ma papà!
P. Sì ... prendiamo il gioco delle venti domande. Tu pensi qualcosa, per esempio pensi 'domani'. Bene. Ora io ti chiedo: «E astratto?», e tu dici: «Sì». Ora dal tuo 'sì' io ho ricavato una doppia dose d'informazione: so che è astratto e so che non è concreto. O diciamo così... dal tuo 'sì' io posso dimezzare il numero delle possibilità per ciò che può essere quella cosa. E questo è moltiplicare per un mezzo.
F. Non è una divisione?
P. Sì... è lo stesso. Cioè ... d'accordo, è una moltiplicazione per 0,5. La cosa importante è che non si tratta solo di una sottrazione o di un'addizione.
F. Come fai a sapere che non lo è?
P. Come faccio a saperlo? ... Be', metti che io faccia un'altra domanda e dimezzi le possibilità tra le cose astratte. E poi un'altra. Con ciò le possibilità si saranno ridotte a un ottavo di quelle che erano all'inizio. E due volte due volte due fa otto.
F. E due più due più due fa soltanto sei.
P. Proprio.
F. Ma, papà, non capisco: che cosa succede con le venti domande?
P. Il fatto è che se scelgo bene le domande, posso scegliere tra due volte due volte due volte due ... per venti volte cose, cioè tra 2 alla 20 cose. Questo fa più di un milione di cose che tu avresti potuto pensare. Una domanda è sufficiente per decidere tra due cose; e due domande possono decidere fra quattro cose ... e così via.
F. Non mi piace l'aritmetica, papà.
P. Sì, lo so. Fare i calcoli è noioso, ma certe idee sono divertenti. Comunque tu volevi sapere come misurare il sapere, e se cominci a misurare le cose, questo ti porta sempre all'aritmetica.
F. Ma ancora non abbiamo per niente misurato il sapere.
P. Sì, lo so. Però abbiamo fatto qualche progresso verso la possibilità di misurarlo, se lo volessimo. E ciò vuoi dire che siamo un po' più vicini a sapere che cos'è il sapere.
F. Quello sarebbe un sapere molto buffo, papà, il sapere sul sapere ... questo tipo di sapere lo misureremmo allo stesso modo?
P. Lasciami pensare ... non so ... questa è proprio la domanda del raddoppio finale. Perché ... be', torniamo al gioco delle venti domande. Quello che ancora non abbiamo detto è che le domande debbono avere un certo ordine: prima le domande generali, e poi quelle particolari. Ed è solo dalle risposte alle domande generali che si sa quali domande particolari si debbono fare. Invece noi le abbiamo considerate tutte uguali. Non so. Ora però tu mi chiedi se il sapere sul sapere si dovrebbe misurare allo stesso modo del sapere d'altro tipo. E la risposta deve sicuramente essere no. Vedi, se le prime domande del gioco mi dicono quali domande devo fare dopo, esse devono in parte essere domande sul sapere. Esse indagano su che cos'è il sapere.
F. Papà ... c'è mai stato nessuno che ha misurato quanto uno sapeva?
P. Oh, sì, spesso. Ma certo non so quale fosse il significato dei risultati. Lo fanno mediante esami e prove e quiz, ma è come cercar di sapere quanto è grande un pezzo di carta gettandogli contro dei sassi.
F. Cioè, come?
P. Voglio dire ... se tu getti dei sassi a due pezzi di carta dalla stessa distanza, e vedi che uno dei due pezzi è colpito più spesso dell'altro, allora probabilmente quello che colpisci di più è più grande dell'altro. Allo stesso modo, in un esame tu getti un sacco di domande agli studenti, e se vedi che colpisci più conoscenze in uno studente che negli altri, allora pensi che quello ne sappia di più. Questa è l'idea.
F. Ma in questo modo si potrebbe misurare un pezzo di carta?
P. Certo che si potrebbe. Anzi, sarebbe un ottimo metodo. Si misurano moltissime cose, in questo modo. Per esempio si giudica quanto è forte un caffè guardando quanto è scuro ... si guarda cioè quanta luce esso blocca. Si gettano onde luminose invece che sassi, ma è la stessa
idea.
F. Ah.
F. Ma allora ... perché non dovremmo misurare il sapere a quel modo?
P. Come? Coi quiz? No ... per l'amor di Dio. Il punto è che quel metodo di misura non risponde alla tua domanda - che ci sono diversi generi di sapere - e che c'è il sapere sul sapere. E poi si dovrebbero dare voti più alti allo studente che sa rispondere alle domande più generali? O forse ci dovrebbero essere tipi diversi di voti per i diversi tipi di domande.
F. Be', d'accordo, facciamo così e poi sommiamo tutti i voti, e poi ...
P. No ... non si potrebbero sommare insieme. Potremmo moltiplicare o dividere un tipo di voto per un altro tipo, ma non potremmo sommarli.
F. Perché no, papà?
P. Perché ... perché no. Non mi stupisco che non ti piaccia l'aritmetica, se non ti spiegano queste cose a scuola. Che cosa ti spiegano? Perdinci, mi domando che idee abbiano gl'insegnanti sull'aritmetica.
F. E che cosa è l'aritmetica, papà?
P. No. Restiamo al problema di misurare il sapere ... L'aritmetica è un insieme di trucchi per pensare con chiarezza, e l'unica cosa divertente che ha è la chiarezza. E la prima regola per essere chiari è quella di non mescolare idee che sono del tutto diverse tra loro. L'idea di due arance è del tutto diversa dall'idea di due chilometri. Perché se le sommi ottieni solo una grande confusione in testa.
F. Ma, papà, io non so tener separate le idee. Dovrei farlo?
p. No ... no ... No, naturalmente. Devi combinarle; ma non sommarle. Ecco tutto. Cioè ... se le idee sono numeri e vuoi combinarne due tipi diversi, la cosa da fare è moltiplicarli l'uno per l'altro. E allora hai un nuovo tipo di idea, un nuovo tipo di quantità. Se nella tua testa ci sono chilometri e ci sono ore, e tu dividi i chilometri per le ore, ottieni 'chilometri all'ora', cioè una velocità.
F. Sì, papà. E se invece li moltiplicassi, che cosa otterrei?
P. Be', ehm ... penso che otterresti chilometri-ora? Sì, so di che si tratta. Cioè so che cos'è un chilometro-ora. È quello che si paga al tassista. Il suo contachilometri misura i chilometri e poi c'è un orologio che misura le ore, e il contachilometri e l'orologio lavorano insieme e moltiplicano le ore per i chilometri, e poi i chilometriora vengono moltiplicati per qualcos'altro che trasforma i chilometri-ora in denaro.
F. Una volta ho fatto un esperimento.
P. Quale?
F. Volevo vedere se riuscivo a pensare due pensieri contemporaneamente. Allora pensai 'È estate' e pensai 'È inverno'. E cercai di pensare alle due cose insieme.
P. Allora?
F. Ma mi accorsi che non stavo pensando due pensieri. Pensavo un solo pensiero a proposito di pensarne due.
P. Certo, è proprio così. Non si possono mescolare i pensieri, si possono solo combinare. E alla fin fine ciò significa che non li si può contare. Perché contare è proprio aggiungere semplicemente una cosa all'altra. E peri pensieri questo non lo si può fare assolutamente.
F. Allora veramente abbiamo un solo grande pensiero che ha tanti rami ... tanti e tanti e tanti rami?
P. Sì, penso di sì. Non so. Comunque penso che sia un modo più chiaro per dirlo. Cioè più chiaro che parlare di pezzi di sapere e cercare di contarli.
F. Papà, perché non usi gli altri tre quarti del tuo cervello?
P. Ah, sì... già ... vedi, il punto è che anch'io ho avuto degli insegnanti a scuola. E loro hanno riempito circa un quarto del mio cervello di fumo. Poi ho letto i giornali e ho ascoltato quello che dicevano gli altri, e così mi son riempito di fumo un altro quarto.
F. E l'altro quarto, papà?
P. Oh ... quello è il fumo che ho fatto da me quando ho cercato di pensare da solo.
metalogue: "How much do you know?", from ETC.:A Review of General Semantics, Vol. X, 1953.
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