martedì 27 dicembre 2011

Tao e controTao


Nel 1967 la Prof.ssa Mara Selvini Palazzoli fondò  il Centro per lo Studio della Famiglia a Milano con un gruppo di ricerca che includeva Luigi Boscolo, Gianfranco Cecchin e Giuliana Prata. La Selvini aveva già nel 1963 pubblicato un volume ormai classico, "Anoressia Mentale" e, come gli altri membri del gruppo, aveva una formazione di tipo classico-psicoanalitico. L'obiettivo del gruppo era di verificare i limiti dell'approccio individuale ed iniziare una nuova metodologia che richiede la presa in carico dell'intero gruppo familiare, unitamente all'adozione di quello che al tempo era un nuovo modello paradigmaticamente rivoluzionario: il modello sistemico-relazionale introdotto dalle Scuole di Palo Alto di Gregory Bateson e Paul Watzlawick.
Inizia così una sperimentazione che porterà il gruppo ad una rilevanza internazionale nel suo specifico metodo di lavoro pratico e teorico, conosciuto come Milan Approach o Scuola di Milano.

Paul Watzlawick (a sinistra), John Weakland (al centro, con gli occhiali)
e una sorridente Mara Selvini Palazzoli, (1979).
"I quattro della Scuola di Milano si incontravano un giorno a settimana presso il Centro, vedendo famiglie gratuitamente o dietro un compenso bastante appena a pagare le spese. In un caffè di una stradina secondaria leggevano e discutevano i lavori del gruppo di Palo Alto, dedicando ore a discussioni, liti e opera di persuasione reciproca per arrivare a stendere quello che sarebbe stato un importante modello di terapia sistemica e rifiutando sistematicamente gli inviti pressanti dei colleghi di mettere per iscritto le loro idee o di presentarle a qualche evento: il gruppo voleva attendere di avere una propria casistica capace di sostenere il proprio modello, situazione che si manifestò (e solo parzialmente, vinti infine dalle insistenti richieste) nel 1975, con il libro Paradosso e Controparadosso. E' da evidenziare come le relazioni d'équipe furono fondamentali: il gruppo credeva fortemente nella necessità di rimanere indipendente da sovvenzioni e pubbliche istituzioni, per evitare fenomeni di pressione che ne potessero disturbare il lavoro. A spronarli nel loro lavoro fu anche Paul Watzlawick, che nei suoi viaggi in Italia visitò il loro Centro e citò la Scuola di Milano in più di un'occasione."

Il libro si basa sulla discussione teorica e pratica della comunicazione paradossale sviluppata dalle Scuole di Palo Alto e basata sulla prescrizione e connotazione positiva del sintomo. Il carattere paradossale del sintomo, studiato nelle prime sedute per stabilire il "modello di funzionamento" o "gioco" della famiglia sintomatica, viene quindi formalizzato, connotato positivamente e ri-iniettato entro la dinamica del sistema familiare come controparadosso. La Scuola di Milano utilizzò il setting di terapia già iniziato negli Stati Uniti e diventato uno standard nella terapia familiare: conformemente all'approccio sistemico il setting consiste in due stanze, una dove la famiglia viene intervistata da uno o più terapeuti, la seconda, separata da uno specchio unidirezionale, con uno o più co-terapeuti che osservano il sistema complessivo famiglia più terapeuti e che, periodicamente, fornisce le proprie indicazioni.
I modelli di studio ed intervento sviluppati dalla Scuola nell'ambito sistemico-relazionale, benchè costruiti specificamente per la terapia familiare, hanno validità generale per descrivere l'interazione di gruppi umani.
Un esempio di questo è un classico lavoro del 1980 che, benchè presentato come direttive fondamentali per la conduzione di una terapia familiare efficace, presenta dei principi e metodi validi in generale per uno studio ed intervento significativi su qualsiasi sistema relazionale in quanto modalità di interazione come fornire false o devianti informazioni e il rifiuto squalifica e disconferma della relazione, benchè tipiche dei gruppi familiari schizofrenogenici o sintomatici, non sono certo prerogative solo di questi e sono caratteristiche generali per qualsiasi gruppo organizzato che tenda a conservare in modo rigido la propria omeostasi e rifiutare il cambiamento, quando necessario.


IPOTIZZAZIONE: Con ipotizzazione ci riferiamo alla formulazione da parte del terapeuta di un'ipotesi basata sulle informazioni che possiede riguardo la famiglia che sta intervistando. L'ipotesi prevede un punto di partenza per la sua indagine così come la verifica della validità di questa ipotesi basata su metodi e competenze specifiche. Se l'ipotesi è dimostrata falsa, il terapeuta deve formare una seconda ipotesi sulla base delle informazioni raccolte durante il collaudo (testing) della prima.

CIRCOLARITÀ: per circolarità si intende la capacità del terapeuta di condurre la sua indagine sulla base dei feedback da parte della famiglia in risposta alle informazioni che egli sollecita sulle relazioni e, quindi, sulla differenza e sul cambiamento.

NEUTRALITÀ: Con neutralità del terapeuta si intende uno specifico effetto pragmatico che il suo comportamento totale durante la sessione esercita sulla famiglia (e non la sua disposizione intrapsichica).

Mentre il primo principio vale in generale per la definizione e lo studio di un sistema dinamico complesso interattivo con storia sul quale si hanno poche o nessuna informazione, gli altri due metodi derivano direttamente dalle basi epistemologiche cibernetiche e pragmatiche del modello sistemico.

IPOTIZZAZIONE
"Che cosa intendiamo, dunque, per ipotesi? E qual è la sua funzione?"

Definizione generale di ipotesi. Ipotesi, nell'etimologia greca significa "ciò che è sotto," o meglio, la proposizione alla base di una costruzione concettuale. Secondo l'Oxford Dictionary, l'ipotesi è "una supposizione fatta come base per un ragionamento, senza alcun riferimento alla sua verità; come punto di partenza per un'indagine. "Nella terminologia della scienza sperimentale, un'ipotesi è una supposizione non dimostrata provvisoriamente accettata per fornire una base per ulteriori indagini, dalle quali si può ottenere una verifica o una confutazione.
Nella sessione familiare, i fenomeni provocati dal tipo di ipotesi formulata dal terapeuta come guida per la sua attività definiscono tale attività come sperimentale. I dati di tale sperimentazione derivano da un feedback immediato (verbale e non verbale), così come feedback ritardati risultanti dalle prescrizioni e dai rituali prescritti dal terapeuta alla fine della sessione. Questi hanno come obiettivo l'ulteriore verifica dell'ipotesi che si è fino a quel momento dimostrata plausibile.
Come noto, la procedura classica del metodo sperimentale si compone di tre fasi: osservazione, formulazione di una ipotesi, e sperimentazione, Il più grande sforzo mentale si verifica nella seconda fase; è allora che la mente deve organizzare le osservazioni che ha raccolto. Un'ipotesi può organizzare in poche righe una serie di fatti empirici per la cui catalogazione potrebbe essere necessario un intero volume. E ovvio che la genialità (o la sua assenza) di una ricerca ruoti sulla formulazione delle ipotesi.
Il concetto di ipotesi così specificato coglie il significato fondamentale del termine alla sua radice etimologica di supposizione, escludendo esplicitamente la sua verità o falsità.

Valore funzionale del Ipotesi in generale. L'ipotesi, come tale, non è né vera né falsa, ma piuttosto, più o meno utile. Anche un'ipotesi che si riveli falsa porta informazioni in quanto elimina un certo numero di variabili che fino a quel momento era apparse possibile. Proprio per questa funzione categorizzare informazione ed esperienza, l'ipotesi occupa una posizione centrale tra i mezzi con cui discipliniamo il nostro lavoro investigativo.
La funzione essenziale delle ipotesi consiste quindi nella guida che fornisce a nuove informazioni, con la quale sarà confermata, smentita, o modificata.

Valore funzionale dell'Ipotesi nell'Intervista della Famiglia. Il valore funzionale delle ipotesi nell'intervista della famiglia è sostanzialmente quello di garantire l'attività del terapeuta, che consiste nel monitoraggio delle strutture relazionali. E molto probabile che tali modelli sono provocati e portati allo scoperto dal comportamento attivo del terapeuta. Se il terapeuta tende invece a comportarsi in modo passivo, come un osservatore piuttosto che come un giocatore, sarebbe la famiglia che, conformemente alle proprie ipotesi lineari, imporrebbe una propria sceneggiatura, dedicata esclusivamente alla designazione di chi è "pazzo" e chi è "colpevole", risultante in informazioni zero per il terapeuta. L'ipotesi del terapeuta, tuttavia, introduce il potente input dell'inaspettato e dell'improbabile nel sistema familiare e per questo motivo agisce ad evitare deragliamento e disordine. Cercheremo di spiegare questo ultimo concetto.

Ipotesi, Informazione, e Entropia negativa. Gregory Bateson, nel suo metalogo, "Why Do Thing Get in a Muddle?" (Perchè le cose finiscono in disordine?) afferma: "So che ci sono infiniti modi disordinati, quindi le cose andranno sempre verso il disordine e la confusione".
Se trasferiamo questa affermazione da un significato universale al recinto ristretto di una sessione di terapia familiare, siamo in grado per esperienza di confermare la sua validità. Le nostre sessioni con la famiglia tenderebbero, senza la nostra attività sulla base di una ipotesi, per andare verso un aumento scoraggiante di disordine e confusione.
...
Il disordine, la disorganizzazione, la mancanza di strutturazione, o la casualità di organizzazione di un sistema è nota come la sua entropia. Una diminuzione di entropia può essere considerata come una misura della quantità di informazione. E stato notato da Wiener e Shannon che la misura statistica per l'entropia negativa è la stessa di quella per l'informazione, che Schrödinger  ha chiamato "negentropia". Wiener ha dimostrato che i concetti di "informazione" e "negentropia" sono sinonimi.
Tuttavia, De Beauregard in seguito ha definito con più precisione il rapporto tra i due concetti di entropia negativa e informazione sulla base di due significati che sono illuminanti per la nostra ricerca.

La cibernetica è portata a definire "negentropia" e "informazione" con una sorta di raddoppio soggettivo, e ad ammettere la possibilità di una transizione in due sensi:

negentropia   informazione

Notiamo che il significato della parola informazione non è la stessa nei due sensi: nel passaggio diretto
neghentropia
informazione, "informazione" significa acquisizione di conoscenze
Nel passaggio reciproco
informazioni
neghentropia, "informazione" significa potere di organizzazione.

L'ipotesi deve essere sistemica. Un punto fondamentale da sottolineare è che ogni ipotesi deve essere sistemica, deve, quindi, comprendere tutti i componenti della famiglia, e deve fornirci una supposizione sulla funzione relazionale totale.

CIRCOLARITÀ
"Per circolarità intendiamo la capacità del terapeuta di condurre la sua indagine sulla base dei feedback da parte della famiglia in risposta alle informazioni che egli sollecita sulle relazioni e, quindi, sulla differenza e sul cambiamento."

L'acquisizione di una tale capacità richiede che i terapeuti liberarino se stessi dai condizionamenti linguistici e culturali che li fanno credere che sono capaci di pensare in termini di "cose" in modo che possano riscoprire "la verità più profonda che noi continuiamo a pensare solo in termini di relazioni "(Ruesch, Bateson - 1968).
Nel 1968 Bateson aveva già spiegato e dimostrato questo concetto.

"La stessa verità generale - che tutta la conoscenza di eventi esterni deriva dai rapporti tra di loro - è riconoscibile nel fatto che per raggiungere la percezione più accurata, un essere umano ricorrerà sempre al cambiamento del rapporto tra lui e l'oggetto esterno. Se sta ispezionando una macchia ruvida posta su qualche superficie per mezzo del tatto egli muove il dito sul punto, creando così una cascata di impulsi nervosi, con una precisa struttura sequenziale, da cui può derivare la forma statica ed altre caratteristiche della cosa studiata ... In questo senso, i nostri dati sensoriali iniziali sono sempre "derivate prime", dichiarazioni sulle differenze che esistono tra gli oggetti esterni o dichiarazioni sui cambiamenti che avvengono sia in loro o nel nostro rapporto con loro ... Ciò che percepiamo facilmente è differenza e cambiamento - e la differenza è una relazione." (Ruesch, Bateson - 1968)

Ciò che noi chiamiamo circolarità è dunque la nostra coscienza, o meglio ancora, la nostra convinzione di poter ottenere dalla famiglia informazioni autentiche solo se lavoriamo con i seguenti fondamentali :
1. L'informazione è una differenza.
2. La Differenza è una relazione (o un cambiamento nella relazione.

Questo non è tuttavia sufficiente. Un altro dispositivo è ancora necessario per aiutare il terapeuta ad affrontare la complessità della famiglia: ogni membro della famiglia è invitato a raccontarci come vede il rapporto tra due altri membri della famiglia. Qui abbiamo a che fare con le indagini di una relazione diadica, come si vede da una terza persona. Uno sarà prontamente d'accordo che è molto più fruttuoso, in quanto è efficace nel superare la resistenza, di chiedere a un figlio: "Dicci come vedi il rapporto tra tua sorella e tua madre", che chiedere alla madre direttamente sul suo rapporto con la figlia. Quello che è forse meno evidente è l'estrema efficienza di questa tecnica ad avviare un vortice di reazioni nella famiglia che tanto illuminano le varie relazioni triadiche. Infatti, invitando formalmente un membro della famiglia a metacomunicate sul rapporto di altri due, in loro presenza, non stiamo solo rompendo una delle regole onnipresenti delle famiglie disfunzionali, ma siamo anche conformi al primo assioma della pragmatica della comunicazione umana: in una situazione di interazione, i vari partecipanti non possono evitare di comunicare.

NEUTRALITÀ
"Con neutralità del terapeuta si intende uno specifico effetto pragmatico che il suo comportamento totale durante la sessione esercita sulla famiglia (e non la sua disposizione intrapsichica)."
 
Cercheremo di spiegare esattamente che cosa sia questo effetto pragmatico descrivendo una situazione ipotetica. Immaginiamo che quando uno dei membri del nostro team ha terminato la sua intervista con la famiglia ed è andato per discutere le informazioni che ha raccolto con il resto della squadra, un intervistatore si avvicini alla famiglia e chieda ai vari membri le loro impressioni sul terapeuta. Se la sessione è proceduto secondo l'epistemologia sistemica, i vari membri della famiglia avranno molto da dire sulla personalità del terapeuta (la sua intelligenza o mancanza di intelligenza, calore umano, simpatia, stile, ecc) Tuttavia, se gli si chiede di dichiarare per chi aveva parteggiato o con chi si era schierato o che giudizio aveva fatto verso l'uno o l'altro componente o su tutta la famiglia, dovrebbero rimanere perplessi e incerti.

Infatti, fintanto che il terapeuta invita un membro a commentare il rapporto di altri due membri, sembra in quel momento di essere alleato a quella persona. Tuttavia, questa alleanza si sposta nel momento in cui chiede a un altro membro della famiglia e ancora ad un altro a fare lo stesso. Il risultato finale delle alleanze successive è che il terapeuta è alleato con tutti e con nessuno allo stesso tempo.

Inoltre, quanto più il terapeuta assimila l'epistemologia sistemica, tanto più è interessato a provocare feedback e raccogliere informazioni e meno agisce a dare giudizi morali di qualsiasi tipo. La dichiarazione di qualsiasi giudizio, sia che si tratti di approvazione o di disapprovazione, implicitamente e inevitabilmente lo allea con uno degli individui o dei gruppi all'interno della famiglia. Allo stesso tempo, cerchiamo di osservare e neutralizzare il più presto possibile ogni tentativo verso la coalizione, seduzione, o di rapporti privilegiati con il terapeuta fatta da ogni un membro o sottogruppo della famiglia.

Infatti, è nostra convinzione che il terapeuta può essere efficace solo nella misura in cui è in grado di ottenere e mantenere un diverso livello (metalivello) da quello della famiglia.


Nel proseguire la sperimentazione il gruppo della Selvini Palazzoli  dalla fine degli anni 70 giunse a riconsiderare nel 1988 l'uso dei metodi paradossali ed ad analizzare in profondità le ricadute che si erano presentate.


L'autocritica verteva su diversi argomenti, quali l'interesse orientato esclusivamente su aspetti pragmatici (visti come indicatori di presunti bisogni del sistema), l'arbitrarietà, genericità e stereotipia degli interventi paradossali (in realtà il paradosso aveva effetti positivi solo se altamente specifico per quel sistema), la necessità di una richiesta d’aiuto fortemente investita, il rischio di alimentare il vittimismo del paziente designato e la necessità di evitare le stereotipie anche linguistiche. Tra i vari metodi e tecniche sviluppati il gruppo passò dai modelli diacronici, ovvero schemi generali progressivamente più dettagliati corrispondenti alla scansione storica del processo evolutivo del gioco di famiglia, ai modelli sincronici, ovvero una “foto istantanea del gioco di coppia” che serve a mostrare cosa sta avvenendo nel rapporto tra il terapeuta e la famiglia nell’immediato della seduta terapeutica. La necessità di creare modelli sincronici era emersa da situazioni particolarmente difficoltose nel corso di trattamenti terapeutici.

Nell'ambito della Scuola di Milano vi è stato inoltre uno dei primi tentativi di utilizzare il modello sistemico verso le organizzazioni, sia per stabilire modelli di analisi sia per eventuali interventi di management sistemico.


Mara Selvini Palazzoli
(Milano, 1916 – Milano, 21 giugno 1999)

  
Il Centro e la Scuola del Milan Approach ®

http://www.scuolamaraselvini.it/

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